L’invecchiamento inizia da giovani
(e non è uguale per tutti)
Mille individui nati nello stesso anno: alcuni a 38 anni ne «dimostravano» biologicamente 28, altri 61: l’importanza degli stili di vita prima ancora che dei geni
A 38 anni non si può parlare di invecchiamento, eppure quel complesso fenomeno di degenerazione delle capacità vitali dell’organismo che, anche in assenza di malattie, porta alla morte è già iniziato da tempo. Ma non è uguale in tutti gli individui e proprio in questo segmento anagrafico in cui si è ancora giovani si vede una vasta gamma di reazioni da parte dell’organismo. E se la maggior parte degli individui a 38 anni dimostra grosso modo 38 anni c’è chi invece ha l’età biologica di 28 anni e chi di 61. Ma secondo il geriatra Niccolò Marchionni «è normale che anche da giovani si invecchi diversamente: le abitudini di vita sono cruciali e ce lo confermano persino i macachi».
Una questione oggettiva
C’è sempre stato, all’interno di un gruppo, di una classe o di una microsocietà chi a 35 anni sembra ancora un ragazzo e chi sembra quasi un pensionato. Ma non si tratta solo di atteggiamenti o modi di porsi e di vestirsi. La questione è più articolata e riguarda proprio l’invecchiamento biologico dell’organismo che avviene a un tasso diverso per ognuno di noi e in età ancora giovane questa diversità di progressione è persino più evidente.
Lo studio
Un team internazionale di ricercatori ha seguito e monitorato un gruppo di volontari nati in Nuova Zelanda, nella città di Dunedin, tra il 72 e il 73, osservandone i principali indicatori di età anagrafica in concomitanza di varie tappe della loro vita: a 26 anni, a 32 e a 38 anni. Il risultato è stato impressionante e ha messo in luce come il tasso di invecchiamento, a parità di età, sia estremamente variabile da individuo a individuo. Il report, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, evidenzia infatti che, specialmente nel corso di alcuni anni, c’è chi praticamente non invecchia e chi invecchia tantissimo, rilevando come l’età, specialmente nel mezzo del cammin di nostra vita, sia un fattore estremamente soggettivo.
18 marcatori
Gli studiosi, guidati dal ricercatore Daniel Belsky, hanno costruito una lista di 18 marcatori fisiologici di invecchiamento finalizzati a identificare un’età biologica, tra i quali la pressione sanguigna, il metabolismo, la funzione renale, polmonare ed epatica, il colesterolo, il sistema immunitario, la salute dei denti e la lunghezza dei telomeri (piccole porzioni di Dna che si trovano alla fine di ogni cromosoma e che sarebbero una sorta di orologio biologico poiché in seguito alla riproduzione cellulare la loro lunghezza si riduce progressivamente), oltre a riferirsi alle abilità di coordinamento, di equilibrio e cognitive. La media del ritmo di invecchiamento osservato tra i mille volontari è stato di 1,2 anni ogni anno, ma nel campione osservato c’è anche chi alla fine dell’esperimento era deceduto, chi dimostrava circa 28 anni, chi 61 e chi non era invecchiato per nulla. Il passo successivo per i ricercatori è stato poi quello di incrociare i dati in loro possesso con le informazioni sullo stile di vita dei partecipanti al lavoro, nel tentativo di capire chiaramente quale fattore (genetico o ambientale) fosse più significativo nel processo di invecchiamento o, al contrario, quale fattore fosse stato determinante nel mantenimento della gioventù. Perché, come rimarca Belsky, la traiettoria dell’invecchiamento deve essere studiata già da giovani.
Il parere dell’esperto
«Quando si invecchia, aumenta progressivamente il rischio di tutti i tipi di malattie», fa notare Daniel Belsky, aggiungendo che l’obiettivo della ricerca deve essere dunque quello di riuscire a intervenire sul processo di invecchiamento in sé, piuttosto che affrontare le singole patologie.
Abbiamo sentito il parere di Niccolò Marchionni, Direttore della Struttura Organizzativa Dipartimentale di Cardiologia e Medicina Geriatrica per l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze: «Non stupisce che anche precocemente si registrino tassi di invecchiamento differenti. La longevità è un bilancio tra geni e ambiente, intendendo questo rapporto come il modo in cui le abitudini di vita interagiscono con il patrimonio genetico. In questo senso va visto l’invecchiamento, sempre tenendo presente che il patrimonio genetico può essere modificato in corsa. L’invecchiamento è dunque un dono che ci dobbiamo conquistare». La riflessione del professor Marchionni sullo studio è dunque di conferma che anche da giovani gli stili di vita e i geni (ma in parte minore) influenzano l’età biologica.
Abitudini di vita e alimentazione hanno un ruolo determinante
E come gli esperti di ogni settore continuano a ribadire le abitudini di vita e di alimentazione hanno un ruolo determinante. «Basta pensare a uno studio pubblicato su Science nel 2009 – ricorda Niccolò Marchionni – che si riferiva a un esperimento, effettuato dai ricercatori dell’Università del Wisconsin (Usa), su un gruppo di macachi Rhesus di differenti famiglie (e dunque con patrimoni genetici differenti). I macachi vennero divisi in due gruppi: al primo fu dato libero accesso al frigo, mentre il secondo gruppo fu sottoposto a uno stretto regime calorico. Venticinque anni dopo l’ 80% delle scimmie tenute a dieta era ancora in salute e metà di quelle mangione erano morte, mentre nel secondo gruppo si constatava una drastica riduzione di patologie legate al cuore e al metabolismo». A conferma che anche negli uomini il segreto per invecchiare meglio (e anche per iniziare a invecchiare meglio da giovani) sarebbe il mangiare meno. Insomma come suggerisce Niccolò Marchionni «ci vorrebbero meno botox e meno cibo».
Invecchiamento: la lunga strada verso la longevità
Introduzione
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un notevole sviluppo delle scienze applicate all’invecchiamento umano. Grazie ai progressi registrati in campo medico, economico e sociale, la terza età, un tempo percepita come periodo di disabilità e decadimento fisico, è ormai per molti diventata una fase di continuata produttività, indipendenza e buona salute.
Le principali cause di morte (patologie cardiovascolari e polmonari, tumori e diabete) sono il risultato di un processo che in molti casi inizia già nell’infanzia. Grazie alle conoscenze attuali è possibile prevenire l’insorgenza di queste malattie, attuando cambiamenti comportamentali orientati verso un regolare esercizio fisico, una razionale gestione dello stress e uno stile alimentare sobrio ed equilibrato, eventualmente coadiuvato da supplementi nutrizionali. I continui progressi della genetica consentiranno di intervenire sempre più precocemente sui fattori di rischio individuali, proponendo programmi antiaging più efficaci e personalizzati. Le scienze biotecnologiche, dal canto loro, forniranno i mezzi per intervenire direttamente alla radice del problema, grazie a cellule staminali, DNA ricombinante, clonazione e terapie geniche. Infine, a difesa della longevità umana, scenderanno in campo le nanotecnologie e la sempre più sviluppata intelligenza artificiale. Tutti questi sforzi aiuteranno l’uomo a rallentare e migliorare sempre più l’ineluttabile fenomeno biologico dell’invecchiamento.
Invecchiamento e aspettative di vita
Secondo recenti stime, i bambini nati all’inizio del ventunesimo secolo hanno un’aspettativa di vita di circa cento anni. Oggi, abbiamo infatti a disposizione sufficienti tecnologie e conoscenze mediche per consentire ad una significativa fascia di popolazione di spegnere cento o più candeline. Con il ritmo attuale, l’aspettativa di vita umana cresce di circa 2,2 mesi all’anno, secondo un trend che si è mantenuto pressoché costante negli ultimi sessant’anni.
Grazie al rapido progresso tecnologico, diversi autori ipotizzano che nei prossimi anni tale trend, non solo non accennerà a rallentare, ma continuerà a crescere ad un ritmo ancor più sostenuto. Altri ricercatori, ipotizzano scenari più pessimistici e, pur non escludendo la possibilità che un numero considerevole di persone possa vivere più a lungo, fissano la massima durata della vita umana tra gli 85 ed i 90 anni.
I nove segni molecolari e cellulari dell’invecchiamento
Instabilità genomica e proteomica, accorciamento dei telomeri, alterazioni epigenetiche e mitocondriali, senescenza cellulare: sono alcuni dei marcatori fondamentali associati all’invecchiamento degli animali, in particolare dei mammiferi. Lo afferma una nuova review che traccia lo stato dell’arte delle conoscenze scientifiche sull’invecchiamento e la longevità, sfatando anche alcune diffuse convinzioni, come l’utilità del consumo degli antiossidanti(red)
Il segreto per vivere a lungo non è semplicemente consumare antiossidanti in quantità o mantenere una dieta a basso apporto calorico. Negli studi sulla longevità, e soprattutto nella divulgazione dei loro risultati, regna una certa confusione, ed è per questo che la rivista “Cell” pubblica ora una review – a firma di Maria Blasco e Manuel Serrano, del Centro nazionale spagnolo per la ricerca sul cancro (CNIO), Carlos López-Otín, dell’Università di Oviedo (CNIO), e Linda Partridge, del Max-Planck-Institut per la Biologia dell’invecchiamento a Colonia, in Germania, e Guido Kroemer dell’Università Paris Descartes, in Francia – che cerca di fornire un quadro sistematico delle conoscenze scientifiche in questo campo, così come avvenne nel 2000 per il tumore con gli Hallmarks of Cancer, un lavoro pubblicato sulla stessa rivista e diventato celebre.
Il riferimento non è casuale, perché, come si legge nel documento, “L’attuale situazione della ricerca sull’invecchiamento mostra diversi parallelismi con la ricerca sul cancro dei decenni passati”. Il primo fra tutti è di natura genetica: l’invecchiamento è il risultato di un accumulo di danni al DNA che dura tutta la vita, e vale lo stesso per i processi che causano il cancro, il diabete, le malattie cardiovascolari e quelle neurodegenerative, come l’Alzheimer.
“Il campo della ricerca sull’invecchiamento finora è stato più ricco di teorie che di prove sperimentali”, ha spiegato Blasco. “Questa review non discute le teorie bensì le prove molecolari e genetiche. Lo studio individua così nove segni caratteristici, o hallmark, che rappresentano un denominatore comune dell’invecchiamento in tutti gli animali, con particolare riferimento ai mammiferi”.
I primi due hallmark infatti riguardano specificamente l’instabilità genomica, a carico sia del DNA nucleare sia di quello mitocondriale, prodotta dall’insieme di danni quali mutazioni e delezioni a carico dei geni, o dal logoramento e dall’accorciamento dei telomeri, le parti terminali dei cromosomi con funzione protettiva. Altri problemi riguardano il livello epigenetico, relativo cioè ai meccanismi che regolano l’attivazione o il silenziamento dei geni, tramite il processo biochimico di metilazione.
Dal genoma si passa poi al proteoma, l’insieme delle proteine necessarie alla vita delle cellule. Il processo d’invecchiamento è legato infatti anche alla perdita di stabilità del proteoma e al malfunzionamento dei meccanismi che garantiscono la sintesi e la conformazione corrette delle proteine.
Un altro grande capitolo riguarda la disregolazione dei meccanismi che sovrintendono alla corretta percezione del fabbisogno di nutrienti da parte dell’organismo e dei successivi processi di sintesi delle biomolecole, che coinvolgono essenzialmente i mediatori dell’ormone della crescita, come il fattore di crescita insulino-simile di tipo 1 (IGF-1). Le ricerche dimostrano che i cammini di segnalazione anabolica accelerano l’invecchiamento e che per converso la restrizione calorica ha l’effetto di prolungare la vita di quasi tutti gli organismi eucarioti studiati.
Anche la funzionalità dei mitocondri, gli organelli deputati alla respirazione cellulare, ha una profonda correlazione con l’invecchiamento, per effetto di meccanismi ancora da appronfondire. Cruciale in questo ambito è la teoria dell’invecchiamento connesso ai radicali liberi mitocondriali, secondo cui la progressiva perdita di funzionalità dei mitocondri dovuta al progredire dell’età determina un aumento dei radicali liberi dell’ossigeno (ROS), che a loro volta causano un ulteriore deterioramento mitocondriale e un danno cellulare globale.
Negli ultimi cinque anni, però, la teoria è stata messa in discussione: i radicali liberi sono sicuramente dannosi se presenti in grandi quantità, ma la loro presenza ha anche un effetto protettivo. E soprattutto, non esistono prove sperimentali che il consumo di antiossidanti, propagandato come un metodo per combattere i radicali liberi, porti a un prolungamento della vita.
Gli ultimi tre capisaldi dell’invecchiamento, infine, riguardano la cellula. Un fenomeno caratteristico è quello della senescenza cellulare, definita come l’arresto del ciclo della cellula accompagnato da una modificazione fenotipica, che ancora non è stato caratterizzato completamente. Gli studi condotti finora portano alla conclusione che si tratta di un processo causato dall’accorciamento dei telomeri ma anche da stimoli diversi che accompagna l’invecchiamento dell’organismo ma che non riguarda tutti gli organi e i tessuti.
Una delle caratteristiche più ovvie dell’invecchiamento è anche la perdita di capacità rigenerativa dei tessuti, legata all’esaurimento delle cellule staminali: con l’aumentare dell’età si verifica per esempio una diminuzione dell’emopoiesi, che si manifesta con una diminuzione nel numero di cellule immunitarie adattative. Questo fenomeno, noto come immunosenescenza, ha come riflesso l’aumento del rischio di anemia e di tumori del sangue. A interessare le cellule nel loro complesso durante l’invecchiamento vi è anche il deterioramento delle segnalazioni intercellulari, siano esse di natura endocrina, neuroendocrina o neuronale, che ha come effetto più evidente una maggiore tendenza all’infiammazione dei tessuti.
La biologia dell’invecchiamento è una branca della scienza ancora relativamente giovane, e diversi aspetti studiati finora sono ancora poco chiari o controversi. Questa review è una visione d’insieme che può servire come base per indirizzare le nuove ricerche.
Geriatria e gerontologia
Descrizione La geriatria (dal greco geron, cioè “vecchio, anziano” e iatreia, ossia “cura”) è la branca della medicina interna che ha per oggetto lo studio delle malattie dell’anziano e le loro conseguenze disabilitanti, con l’obiettivo fondamentale di ritardare il declino funzionale e mentale, e preservare l’autosufficienza e la miglior qualità di vita possibile.
La gerontologia è la parte della geriatria che investiga i meccanismi biologici dell’invecchiamento e della senescenza e gli aspetti sociali e psicologici che si verificano nella terza età, che possono influenzare lo stato di salute e l’incidenza delle malattie tipiche della persona anziana.
Il soggetto anziano richiede un approccio diagnostico differente e altamente personalizzato: infatti la ridotta funzionalità di alcuni organi comporta un’incertezza nella definizione dei livelli normali degli esami di laboratorio, e spesso l’esordio delle malattie è asintomatico in una prima fase; infine non è raro che in uno stesso paziente coesistano diverse morbidità, che comportano una molteplicità di prescrizioni farmacologiche. Tutto ciò rende la diagnosi particolarmente complicata, accresciuta dalla tendenza del paziente anziano ad accettare una diminuzione delle proprie capacità fisiche come facente parte del processo d’invecchiamento, e non come problema da sottoporre all’attenzione del medico. Tale comportamento viene favorito anche da un atteggiamento negativo generalizzato che può riguardare anche medici e operatori sanitari, che spesso attribuiscono molti disturbi dell’anziano all’avanzare dell’età e non a possibili malattie. La diagnosi precoce e il trattamento in fase iniziale sono invece fondamentali per rendere più favorevole la prognosi ed evitare l’eventuale cronicizzazione del disturbo e la compromissione irreversibile dello stato di salute.
INVECCHIARE BENE …ANZI, MOLTO BENE !
L’invecchiamento è un processo che interessa tutti gli organismi viventi e che comporta modificazioni biologiche. Nell’uomo si assiste a tali modificazioni del corpo e delle sue funzioni, seguite da un processo di adattamento psicofisico, già dopo i 30 anni; il fenomeno è graduale e progressivo, anche se variabile per ogni individuo. Tuttavia la vecchiaia può assumere un significato positivo e può essere vissuta nel modo giusto …non è soltanto il momento della saggezza, ma può essere anche quello della creatività.
L’invecchiamento fisico
L’aumento della popolazione anziana rappresenta un fenomeno importante della nostra società. Rispetto al passato non è variata la durata massima della vita umana, ma quello che si è modificatodrasticamente è la percentuale degli individui che raggiungono l’età avanzata. Il numero di anziani in Italia di età compresa fra i 65 e 74 anni è 8 volte maggiore rispetto l’inizio del secolo scorso, mentre gli anziani con età superiore a 85 anni sono aumentati di oltre 24 volte. A conferma di ciò studi compiuti in America, sempre nel secolo scorso, stimavano che solo il 2% della popolazione superasse i 65 anni, mentre attualmente la percentuale è dell’11%, e questa percentuale è destinata ad aumentare. Gli anziani sono sempre più numerosi e raggiungono la vecchiaia in migliori condizioni di salute, merito del progresso sia delle conoscenze scientifiche (riduzione della mortalità per malattie infettive) che delle condizioni socio-economiche (miglioramento dell’igiene e dell’alimentazione). L’aumento della popolazione anziana ha determinato la nascita di nuove discipline:
la geriatria (dal greco geros=vecchio, iatros=medico): branca della medicina che si occupa non solo della prevenzione e del trattamento delle patologie dell’anziano, ma anche dell’assistenza psicologica, ambientale e socio-economica.
la gerontologia : scienza che studia le modificazioni derivanti dall’invecchiamento.
la geragogia : scienza che studia tutte le possibilità per invecchiare bene.
Esiste tutt’oggi difficoltà a stabilire l’inizio del processo di invecchiamento, processo caratterizzato dall’aumento dei processi distruttivi su quelli costruttivi a carico del nostro organismo.
Si usa comunemente considerare le seguenti fasce di età:
età di mezzo o presenile45-65 anni : gli eventi biologici caratteristici sono la menopausa per la donna e l’andropausa per l’uomo, importanti per le modificazioni bio-umorali (aumento dei grassi nel sangue, della glicemia, predisposizione all’ipertensione arteriosa).
senescenza graduale, 65-75 anni : comunemente si indica l’età corrispondente all’inizio della vecchiaia a 65 anni.
senescenza conclamata, 75-90 anni : in passato individui di età superiore ai 65 anni mostravano riduzione dell’ efficienza psicofisica, ai giorni nostri si assiste alla comparsa di ultrasessantacinquenni efficienti, e si può ridefinire anziano l’ultrasettantacinquenne.In questo periodo le malattie che insorgono tendono a cronicizzarsi ed a determinare interventi assistenziali sociali e riabilitativi.
La psicologia dell’invecchiamento si occupa dell’anziano nella sua globalità: analogamente ad ogni fase della vita umana non si può prescindere dall’importanza della componente affettiva che determina la modalità di risposta agli eventi della vita.
Si è visto che la vecchiaia è caratterizzata da modificazioni in senso peggiorativo, ma si può affermare che non esiste un parallelismo fra le modificazioni delle funzioni in individui diversi (eterocronia dal greco eteros=diverso e cronos=tempo).
La modalità di invecchiamento non può prescindere dalla personalità e dalle esperienze, la vecchiaia rappresenta la sintesi del significato dell’esistenza: è nella vecchiaia che si può raggiungere la saggezza.
Già nell’antichità si riteneva che la vecchiaia fosse sempre accompagnata da deterioramento mentale permanente, in particolare dal declino patologico delle capacità intellettuali e dell’adeguato controllo dell’emotività (demenza). Leggendo S. Antonio da Padova si trova il termine sene-scere inteso come perdere la cognizione di sé, mentre personaggi come Cicerone (nel De Senectute), Catone e Seneca parlando di vecchiaia mostrano una visione più positiva: la vecchiaia non è solo un processo necessariamente legato al decadimento globale dell’organismo umano. In particolare Catone e Cicerone sottolineavano l’importanza di coltivare molti interessi, fonte di frutti meravigliosi.
Recenti ricerche hanno evidenziato la possibilità di sviluppare situazioni creative proprio nella vecchiaia ; studi condotti con modalità diverse hanno dato risultati diversi rispetto al passato: l’anziano può mantenere la sua efficienza psichica globale se sfrutta le risorse residue, ad esempio mediante l’allenamento mentale, e se motivato.
Studi anatomo-patologici sul cervello mostrarono che nell’invecchiamento si ha una sclerosi progressiva. Eppure esistono dei casi in cui non sono presenti modificazioni cerebrali. Ciò a conferma della variabilità del processo di invecchiamento (eterocronia) fra gli individui. Attualmente si ritiene possibile un recupero delle funzioni cerebrali (fenomeno detto sinaptogenesi).
Le numerose scale di invecchiamento, dal 1950 in poi, dimostrarono che con l’avanzare dell’età diminuiscono funzioni quali la memoria e la capacità di concentramento, frequentemente compaiono alterazioni dello stato emozionale, come avviene nella depressione. Attualmente si è dimostrato che l’anziano è più lento, riflessivo, ma non meno efficiente: i test utilizzati in passato erano caratterizzati da tempi brevi di risposta, ecco che l’anziano non aveva il tempo di risolvere i problemi sottoposti. La biografia di personaggi illustri mostra individui con conservata funzionalità cerebrale anche nella senescenza, anzi molte opere di scrittori, filosofi, artisti, compiute alla fine dell’esistenza, rappresentano il coronamento di tutti i lavori precedenti.
Da notare anche la diversità dei risultati ottenuti da studi trasversali, in cui si confrontano individui di diverse età, e studi longitudinali, in cui si controlla un campione di individui per un lungo periodo di tempo. E’ intuitivo comprendere come lo studio longitudinale sia particolarmente difficile da portare a termine, sia per l’intervallo di tempo sia per la graduale perdita o rinuncia dei soggetti campione. Gli studi longitudinali confermano che non è la senescenza la condizione patologica, piuttosto sono gli eventi morbosi a creare le condizioni del rapido declino psicofisico.
Ma quali sono i fattori che influenzano i processi di invecchiamento?
Fattori genetici , anche il sesso può essere un fattore predisponente (il maschio invecchia più precocemente).
Educazione e livello culturale che consentono di trovare più facilmente delle alternative di vita alla pensione, di creare delle strategie di sopravvivenza.
Benessere economico
Interazione e comunicazione
Comparsa di malattie invalidanti : l’anziano vive come intrinseca la sua malattia, il suo vissuto è che la malattia appartenga al suo destino.
Stile personale di vita , cioè subire o vivere la vita.
Appartenenza ad un nucleo socio-familiare , cioè il gruppo, mediante atteggiamenti di conferma o svalutativi, evidenzia gli aspetti positivi e negativi della condizione di vecchiaia.
Eventi drammatici : ad esempio la scomparsa di figure di riferimento.
Sradicamento dal proprio luogo di origine.
E’ evidente l’importanza dei fattori sociali.
La percezione è la capacità di raccogliere le informazioni esterne attraverso i canali sensoriali. E’ quindi legata a due fattori: l’integrazione delle informazioni che avviene a livello del sistema nervoso centrale e l’assimilazione legata al sensi (sistema nervoso periferico). La vista e l’udito sono spesso ridotte e influenzano negativamente la capacità percettiva. Sulla base del principio di costanza percettiva, che dice che la percezione si mantiene costante nel processo di invecchiamento, il cervello cerca di compensare la difficoltà percettiva legata ad una perdita sensoriale stimolando i sensi rimasti integri (principio di conservazione). Con l’avanzare degli anni si affina la capacità di rispondere alla diminuzione di alcune funzioni psicofisiche utilizzando le conoscenze e le esperienze apprese nella vita. E’ stato dimostrato che l’attività percettiva migliora se migliorano le condizioni in cui si svolge la stessa: l’ambiente esterno (la società, ma soprattutto il gruppo familiare) può stimolare l’interesse, dare spazio di espressione, non negare le possibili potenzialità dell’anziano.
La comunicazione , e quindi le relazioni interpersonali che permettono una vita sociale, dipendono dalla possibilità di percezione. E’ noto che l’anziano mantiene integra la memoria
Altro elemento fondamentale è la motivazione . La motivazione, in tutte le età, è la spinta propulsiva fondamentale del comportamento, insostituibile strumento di apprendimento. Persino l’utilizzo del computer, strumento estraneo alla cultura dell’anziano, può essere appreso qualora l’anziano sia motivato a farlo.
Il pensiero e il linguaggio possono essere conservati, ma per mantenere l’interazione con l’ambiente esterno, l’anziano deve essere in grado di comunicare. Perché ciò avvenga non si può prescindere dall’importanza dell’affettività , del riconoscimento del suo valore all’interno del nucleo sociale in cui vive. Gli affetti giocano un ruolo essenziale nell’agire quotidiano, nell’essere al mondo. La depressione , espressione di profondo disagio, sofferenza psicologica più frequente nell’età senile, comporta la rinuncia alla vita: l’aspettativa di vita è statisticamente limitata, la società invia messaggi di inutilità, si comprende come la volontà di vita dell’anziano per essere mantenuta necessita dell’affetto dei propri cari che affermano l’importanza della sua esistenza.
La sessualità dal punto di vista psicologico si può conservare fino ad età avanzata, ma questo è vero anche dal punto di vista fisiologico.
Ebbene, l’esercizio sessuale è fondamentale, come l’esercizio di qualsiasi altra funzione organica ; tuttavia appare ancora diffuso il pregiudizio culturale che considera la sessualità in età senile come indecorosa, come se l’anziano non potesse sentire e vivere le proprie emozioni.
Creativita’ Per invecchiare senza sviluppare demenza (vedi sopra) è necessario che l’anziano mantenga attive le funzioni cerebrali. Per creatività si intende l’espressione di sé stesso, le cui modalità di esecuzione sono vastissime.
Un esempio storico eclatante è Sofocle che morì a 80 anni: Iofone, figlio legittimo, per avere l’eredità prima della sua morte lo portò in tribunale dichiarandone l’infermità di mente. Ebbene Sofocle diede esempio di grande creatività quando, per mostrare la sua lucidità, recitò a memoria dei versi.
Ancora, si pensi a Giuseppe Verdi, Alessandro Manzoni, che nella vecchiaia produssero le loro opere migliori, Monet, Picasso, Goja, Rembrandt, Charlie Chaplin. Nel mondo dell’arte è facile trovare vecchi creativi.
Pablo Picasso, Vecchio seduto, 1970-71.
La creatività è caratteristica del mondo evolutivo del bambino. E’ fondamentale per la sua crescita. Ma la creatività diminuisce sempre di più in un società ratiomorfa, come la nostra, che privilegia la forma, il pensare secondo una logica comune, non il differenziarsi.
Nell’età senile la funzione della creatività si può manifestare nelle piccole azioni quotidiane , come ad esempio nella creazione di pietanze originali. Questo può valere in diverse condizioni di aggregazione: all’interno della coppia, del gruppo, ma anche individuale. Al riguardo molto interessanti sono le iniziative culturali della università della terza età. Lo specialista psicologo può rappresentare un valido aiuto per l’anziano nel riconoscere e svelare le potenzialità creative. Qualora vengano evidenziate le capacità creative, la qualità della vita migliorerà radicamente.
Molto stimolante è il rapporto nonno-nipote . Esiste spesso la difficoltà di esprimersi dei bambini con i propri genitori impegnati a lavorare; la relazione fra nonno e nipote faciliterà la possibilità di espressione di entrambi: il nonno è un interlocutore che interagisce raccontando eventi del passato modificati per facilitarne la comprensione, rendendoli più piacevoli con un pizzico di invenzione. Il racconto di eventi passati diventa strumento per stimolare la funzione creativa. L’interazione nonno-nipote diventa un elemento utile ad entrambi. Relegare gli anziano non rappresenta una soluzione utile.
Le soluzioni per il futuro degli anziani dovrebbero essere concordate e scelte in chiave positiva, evidenziando cioè le qualità residue utili al fine di esprimere se stessi. L’anziano dovrebbe essere sempre posto nelle condizioni di sviluppare la creatività, tramite fatti-azioni concreti.
Speranze e timori
Il timore più grande per l’anziano non è la morte, che magari rifiuta inconsapevolmente, piuttosto la malattia, l’abbandono, il disprezzo delle persone con cui ha sempre vissuto, il rifiuto da parte del suo nucleo familiare. Le soluzioni di ieri non sono più attuali, le scoperte scientifiche allungano sempre più la durata della vita. Nei paesi industrializzati la popolazione anziana rappresenta sempre più una percentuale importante: è indispensabile che la longevità sia caratterizzata da anni di salute e non di malattia, invalidità e indipendenza.Bisogna considerare tre aspetti, intimamente collegati fra di loro:
Preventivo: una buona prevenzione ha il compito di proteggere e mantenere le risorse psicofisiche, quindi di ridurre le necessità di trattamento (prevenzione medica) e di riabilitazione. E’ necessario stimolare i rapporti con l’esterno , insegnare la geragogia, inserire nel mondo del lavoro la possibilità di avere l’età di pensionamento flessibile , stimolare il volontariato, non solo verso coetanei della terza età, ma anche utilizzando l’esperienza dell’anziano utili per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro (esperienza già svolta con successo da 5 anni ad Ivrea). Si potrà allora affermare che invecchiare è un crescere ancora, un recuperare la propria espressione.
Terapeutico : l’anziano presenta spesso la compromissione di più organi, la cui terapia consiste nella somministrazione di più farmaci. Diversi studi hanno evidenziato un abuso farmacologico, in particolare di psicofarmaci: analogamente ai bambini irrequieti, agli anziani depressi vengono somministrati sostanze farmacologiche. Attualmente si è mostrata efficace associare (o sostituire, quando possibile alla terapia con psicofarmaci) la psicoterapia sistemica , che aiuta a creare forme di strategie comportamentali più adatte ai bisogni individuali: la depressione è la reazione ad una situazione che appare senza via di uscita, ed esistono tecniche che vengono proposte per riportare l’anziano ad una realtà che può ancora arricchire.
Riabilitativo : le strutture di riabilitazione svolgono un ruolo importante nel ridurre i tempi di degenza nei reparti ospedaliero con sollievo per il paziente anziano e contenimento dei costi per la sanità. Ogni volta che un anziano si ammala e viene ricoverato si mette a dura prova il suo fragile equilibrio . L’allontanamento dalle mura domestiche gli fa perdere il senso e i confini della realtà, il ricovero appare come un evento drammatico che può comportare la morte.Gli anziani che necessitano di un intervento riabilitativo dopo la fase acuta di una malattia possono venire seguiti a livello extraospedaliero mediante il servizio dell’Assistenza Domiciliare Integrata ; nel caso di grave compromissione psicofisica negli istituti di lungodegenza riabilitativa e nelle residenze sanitarie assistenziali.
Scoperto l’ormone dell’invecchiamento, lo sport lo mette ko
Dai ricercatori padovani, l’obiettivo è vivere meglio e più a lungo
Individuato l’ormone dell’ invecchiamento e viene messo a Ko dall’attività fisica. La scoperta, messa a punto dai ricercatori del Vimm, l’Istituto molecolare veneto, e dell’università di Padova, è pubblicata su ‘Cell Metabolism’ e apre rivoluzionari scenari per vivere meglio e più a lungo.
Era noto che il deterioramento dei mitocondri, cioè delle centrali energetiche di ogni cellula, fosse legato all’invecchiamento. I team di Marco Sandri e Luca Scorrano, hanno scoperto che la causa è la produzione di un ormone chiamato FGF21 che a sua volta scatena l’invecchiamento dell’intero organismo. Non solo: i ricercatori hanno anche scoperto che l’ormone rimane a bassi livelli se si svolge regolare attività fisica.
“Lo studio – spiega Sandri dell’ Università di Padova – ha evidenziato la doppia vita di FGF21. Per anni si è pensato che questo ormone fosse prodotto solo dal fegato e dal grasso e che avesse un’azione benefica, migliorando il metabolismo di grassi e zuccheri. Oggi sappiamo che invece che l’FGF21 è prodotto anche dai muscoli e i suoi valori sono elevati negli anziani sedentari e bassi in quelli attivi. Inoltre quando questo ormone è prodotto dal muscolo, esso manda un segnale di invecchiamento a tutto l’organismo”. Quando i livelli di FGF21 nel sangue sono alti per lungo tempo, l’organismo risponde con l’invecchiamento della pelle, del fegato e dell’intestino, perdendo neuroni, e con un’infiammazione generalizzata. “Tutto questo – sottolinea Sandri – accorcia drasticamente la vita”. Bloccando la produzione di FGF21, i ricercatori hanno arrestato molti dei segni di invecchiamento a livello di cute, fegato, intestino e cervello.
Il prossimo step dei team è realizzare farmaci che contrastino l’invecchiamento anche per chi è impossibilitato ad esercitare una regolare attività fisica.
L’invecchiamento intrinseco della pelle
La nostra pelle è soggetta a due distinti tipi di invecchiamento: l’invecchiamento intrinseco, detto anche cronoinvecchiamento, e quello estrinseco, ovvero il fotoinvecchiamento.
Il cronoinvecchiamento è un processo continuo e naturale che inizia intorno ai 25 anni di età: in questo periodo la produzione di collagene, di elastina e acido ialuronico rallenta; il ricambio cellulare diventa meno rapido, lo spessore dello strato corneo superficiale aumenta a dispetto dello spessore degli strati “vivi” sottostati. Tutto ciò porta alla comparsa dei classici segni dell’invecchiamento: diminuzione dell’idratazione, di tono e di elasticità, rughe, linee di espressione, perdita di volumi (Tabella 1). La velocità con cui il cronoinvecchiamento diventa visibile è legata al proprio patrimonio genetico; in alcuni soggetti la pelle si segna prima, in altri rughe e segni di espressione sono visibili solo più avanti. I cambiamenti cutanei che si verificano sono quindi il risultato dell’accumulo negli anni di danni prodotti dallo stress ossidativo. Questo, infatti, genera delle specie altamente reattive chiamate ROS (radicali liberi) che attaccano i costituenti cellulari – come membrane cellulari, enzimi e DNA – danneggiandoli.
Questo processo “naturale” può essere accelerato e/o aggravato da una serie di fattori esterni, quali le radiazioni ultraviolette, il fumo di sigaretta (attivo o passivo), lo stress, l’uso di alcool, l’alimentazione scorretta, i trattamenti cosmetici sbagliati: questi fattori costituiscono il cosiddetto fotoinvecchiamento.Tra tutti, il fattore più importante, responsabile anche dell’invecchiamento precoce, è l’esposizione ai raggi UV, che contribuisce al danneggiamento della pelle fino all’80%. I raggi UV producono alterazioni che dipendono dal fenotipo e dal grado di foto-esposizione della pelle.
Ma cosa succede davvero all’interno del nostro “organo barriera” con il passare del tempo? La pelle è composta essenzialmente da tre strati: l’epidermide, il derma e lo strato sottocutaneo. Ogni strato contiene tessuto connettivo composto da fibre di collagene, che forniscono sostegno all’intero organo, e fibre di elastina, che conferiscono flessibilità. Con l’invecchiamento, l’epidermide si assottiglia e la pelle tende ad apparire più sottile, pallida e traslucida. Questo processo è anche causa delle cosiddette “macchie cutanee”, che compaiono spesso nelle zone molto esposte, come il viso e il dorso delle mani, e che peggiorano con un’esposizione al sole scorretta e prolungata. Le modificazioni che avvengono all’interno del tessuto connettivo riducono anche la robustezza e l’elasticità della pelle: questo processo è noto come elastosi. A questi meccanismi, che coinvolgono gli strati più superficiali della pelle, a livello del volto, si sovrappone anche la perdita di tessuto adiposo e di struttura ossea che determina lo scivolamento degli strati più superficiali verso il basso e quindi l’inversione delle concavità con le convessità, creando un assottigliamento dei lineamenti in corrispondenza degli zigomi ed un allargamento delle dimensioni verso la mandibola.
Tutto ciò dimostra come gli effetti del cronoinvecchiamento e del fotoinvecchiamento si sommino accelerando la comparsa dei segni dell’invecchiamento.
Tabella 1 Cambiamenti morfologici e strutturali nell’invecchiamento intrinseco
Diminuzione proliferazione cellullare
Incremento vulnerabilità e fragilità, assottigliamento della cute, ritardo nella guarigione delle ferite
Assottigliamento grasso sottocutaneo
Perdita di volumi
Lenta sostituzione dei lipidi
Disturbo nel controllo dell’idratazione
Appiattimento delle giunzioni dermo-epidermiche
Diminuzione della superficie di scambio, aumento rischio di separazione per forze di taglio
Diminuzione eterogeneità dei melanociti
Ingrigimento capelli, gotta amelanosa, lentiggini
Diminuzione cellule di Langerhans
Diminuzione funzione immunitaria
Diminuzione annessi cutanei e loro funzioni
Riduzione lipidi e produzione di sudore, disturbo della guarigione da ferite profonde e riepitelizzazione
Riduzione terminazioni nervose
Disturbo funzione sensoriale
Tabella 2 Classificazione del foto-invecchiamento di Glogau1
1. No rughe
Età tra i 20-30 anni
Inizio
Lievi modifiche pigmentali
Assenza cheratosi
Assenza o minime rughe
2. Rughe d’espressione
Età tardi 30 e 40 anni
Inizio moderato
Iniziali lentiggini senili
Tangibile ma non visibile cheratosi
Apparizione linee parallele laterali alla bocca
Acuto
Pelle non normale di colore giallo-grigia
Lesioni precancerose
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