Stenosi Carotidea
La stenosi carotidea è una patologia che colpisce il sistema arterioso carotideo.
Il termine stenosi, in questo caso, indica una riduzione del calibro vasale, per effetto del quale il flusso sanguigno a valle del restringimento risulta diminuito; ne consegue uno stato di sofferenza degli organi da esso raggiunti, per carenza di ossigeno e nutrienti trasportati dal sangue.Poiché la carotide irrora i distretti cerebrali, la faccia e gli occhi, una stenosi carotidea causa la sofferenza di queste zone anatomiche e non solo; infatti, è compromessa anche la funzionalità degli arti innervati dalle aree di cervello colpite.
La causa principale di stenosicarotidea è l’aterosclerosi, una forma particolare di arteriosclerosi che colpisce i grossi vasi.
Cos’è la stenosi carotidea. Anatomia patologica
La stenosi (dal greco στενόω‰, restringere) della carotide è il restringimento del lume vasale carotideo. Prima di procedere nella descrizione dettagliata della patologia, è utile ricordare brevemente l’anatomia del sistema carotideo. Quest’ultimo è composto da:
- Due arterie carotidi comuni, destra e sinistra.
- Due ramificazioni per singola carotide comune: la carotide interna ed esterna.
- Rami collaterali, che sorgono dalle carotidi interne ed esterne.
Il sistema carotideo, attraverso le sue varie ramificazioni, va ad irrorare i distretti cerebrali e le aree del capo corrispondenti alla faccia e agli occhi. L’occlusione parziale, o totale, della carotide si traduce in un fenomeno di tipo ischemico a carico dei tessuti irrorati, poiché si compromette la portata del flusso sanguigno pompato dal cuore. L’esito di un’occlusione delle carotidi è, chiaramente, drammatico, in quanto i tessuti non ossigenati vanno incontro a necrosi (morte cellulare). Alla necrosi dei tessuti, può seguire l’ictus cerebrale e, quando la stenosi carotidea è grave, la morte dell’individuo malato.
Dagli studi di anatomia patologica (cioè su come si presenta un tessuto od un organo affetto da una patologia), condotti sulle carotidi colpite da stenosi, sono emerse le seguenti caratteristiche:
Le occlusioni sono più frequenti nella carotide di sinistra, la quale nasce direttamente dall’arco aortico, nel torace. La ragione è la seguente. L’aterosclerosi colpisce, di preferenza, i grossi vasi, e, nel caso della carotide sinistra, la connessione diretta con un vaso di dimensioni maggiori predispone la stessa a rischi di stenosi, di origine ateromatosa, superiori rispetto alla carotide destra; quest’ultima, infatti, nasce dall’arteria anonima, che a sua volta origina dall’arco aortico.
Le lesioni cerebrali, dovute all’ischemia, sono più o meno marcate in base all’entità del restringimento delle carotidi. Esiste una proporzionalità diretta: una maggiore occlusione del vaso, quindi, significa un danno più grave ed un peggioramento progressivo della sintomatologia.
Le occlusioni si manifestano, di solito, a livello delle biforcazioni e all’origine dei rami collaterali delle carotidi.
La stenosi carotidea è una patologia tipicamente maschile, poiché l’aterosclerosi, la causa principale della stenosi, colpisce maggiormente l’uomo rispetto alla donna. Inoltre, si tratta di una patologia che non risparmia nessuno, dato che l’aterosclerosi è una condizione che, prima o poi, affligge ogni individuo.
Cause della stenosi carotidea. Fisiopatologia
La causa principale di stenosi carotidea è l’aterosclerosi, una forma particolare di arteriosclerosi, che colpisce, di preferenza, i vasi arteriosi di grosso calibro. L’aterosclerosi si caratterizza per la comparsa, a livello della tonaca intima e degli strati più interni della tonaca media del vaso arterioso, di una placca rilevata e dai contorni precisi. Questo focus è chiamato ateroma. L’ateroma presenta una consistenza fibrolipidica: la componente fibrosa è dovuta ad una proliferazione del tessuto connettivo fibroso (tessuto “cicatriziale”); la componente lipidicaproviene, invece, dal plasma sanguigno e consiste in cristalli di colesterolo, trigliceridi
L’insorgenza di un ateroma è dovuta a svariati fattori, tutti ugualmente importanti. I più noti sono:
- Ipertensione
- Obesità
- Fumo
- Ipercolesterolemia
- Vita sedentaria
- Diabete
- Invecchiamento
L’ateroma, che si sviluppa a livello della tonaca intima del vaso, insorge a seguito di uno squilibrio tra parete vasale e sangue circolante nel lume dell’arteria. In altre parole, i fattori che inducono l’aterosclerosi fanno sì che il flusso sanguigno nel vaso sia alterato al punto tale da generare una lesione nella parete vasale, cioè nell’endotelio. La lesione crea una situazione infiammatoria e richiama cellule del plasma
Il quadro si arricchisce, inoltre, con la formazione, a livello dell’ateroma, di un trombo. Il trombo è una massa solida di cellule del sangue. La conseguenza è naturale, poiché, dove si crea una lesione, vi è anche richiamo di piastrine, o trombociti, e di fattori che si occupano del processo di coagulazione. Questi attori concorrono ad aumentare l’ispessimento dell’ateroma. A questo punto, il lume del vaso arterioso della carotide si restringe ulteriormente.
A peggiorare ancora di più la situazione, è la possibilità che il trombo si sfaldi in particelle più piccole, che si perdono nel flusso sanguigno. Queste particelle libere, chiamate emboli, possono raggiungere il cervello, accelerando i processi di ischemia ed ictuscerebrali.
Altre cause di stenosi carotidea sono:
- Aneurismi
- Displasie fibromuscuolari
- Arteriti
- Kinking
- Coiling
Sintomi e segni
Un segno clinico di una stenosi carotidea è l’assenza delle pulsazioni nel vaso interessato. La verifica si effettua mediante palpazione e possiede un certo grado di incertezza. Infatti, può essere presente la pulsazione anche in concomitanza di un restringimento della carotide.
Il principale segno che caratterizza una stenosi carotidea è il cosiddetto attacco ischemico transitorio, noto anche come TIA. Esso si definisce transitorio, poiché ha un limite di durata: non più di 24 ore. L’attacco ischemico si verifica a livello cerebrale, facciale ed oculare, cioè le aree non sufficientemente irrorate dalla carotide occlusa. I segni clinici, dovuti al TIA, si manifestano con:
- Perdita del controllo degli arti: emiplegia del lato opposto a quello della carotide occlusa. Ciò si spiega in quanto – ad esempio – l’emisfero destro del cervello, irrorato dalla carotide destra, controlla gli arti della parte sinistra del corpo.
- Difficoltà nel parlare: il linguaggio diventa, talvolta, incomprensibile.
- Problemi alla vista: visione sdoppiata o annebbiata. Possibile cecità, che si presenta, inizialmente, con un velo nero o grigio che cala davanti all’occhio. In questo caso, l’occhio affetto si trova nello stesso lato della carotide occlusa.
- Mancata coordinazione nella
deambulazione. - Paresi del volto.
Se la stenosi comporta danni ischemici di entità maggiore, che si protraggono fino a 3 giorni, si parla di RIND, cioè deficit neurologici ischemici reversibili. I sintomi sono analoghi a quelli del TIA.
Se, infine, l’occlusione della carotide è grave e quasi, se non del tutto, completa, il sintomo che ne deriva è l’ictus ischemico, o stroke. Le conseguenze sono evidenti e non più transitorie: l’individuo, che ne è affetto, perde totalmente la sensibilità, la facoltà di movimento e le diverse funzioni controllate dalle aree non più ossigenate dal flusso sanguigno. Nella maggior parte dei casi, questa situazione porta alla morte.
Diagnosi
Una prima diagnosi di stenosi carotidea può basarsi sul monitoraggio, tramite semplice palpazione, delle pulsazioni della carotide. L’assenza di pulsazione a livello di una delle due carotidi, potrebbe voler dire che esiste un’occlusione.
Un test importante è il cosiddetto segno della carotide, utile a determinare non solo la presenza di stenosi, ma anche quale delle due vie carotidee è occlusa. Esso consiste nel comprimere alternativamente una delle due carotidi, interrompendo il flusso sanguigno che scorre attraverso il vaso carotideo. Se la carotide compressa è quella sana, dopo un tempo variabile dai 10 ai 30 secondi, il paziente presenta segni di malessere, pallore e perdita di coscienza. Se la carotide compressa è quella già occlusa, il paziente non manifesta sintomi, poiché la via opposta, pervia, compensa il minor afflusso, dovuto alla stenosi, ai distretti cerebrali.
Gli esami diagnostici strumentali consistono in:
- Ecodoppler
- Angiografia digitale
- Angioscanner
- Angio
Ecodoppler. Si tratta di un esame non invasivo, utile al medico per individuare la posizione della placca ateromasica e il grado di stenosi, cioè quanto il lume si è ristretto. Infatti, è una metodica che permette, tramite un’ecografia, di osservare la morfologia delle pareti vasali ed individuare una loro eventuale anomalia; tramite un doppler, invece, è possibile valutare, con un’analisi ad ultrasuoni, la situazione emodinamica, cioè la velocità del flusso sanguigno, nell’area di carotide interessata dalla placca. Quest’ultimo dato, cioè a quanto viaggia il sangue nel punto di occlusione, rivela il grado di stenosi della placca ateromasica.
Angiografia digitale. È l’indagine più accurata ed è utile per valutare il grado di stenosi. Consiste nell’iniettare un mezzo di contrastoiodato nella circolazione arteriosa, per mezzo di un catetere. Il catetere viene condotto nell’area da investigare. In questa zona, il percorso del catetere è seguito mediante una strumentazione radiografica, che riporta la struttura interna della carotide.
Angiografia tomografica computerizzata, o angiografia CT. Si basa sulla scansione dell’area carotidea. Le immagini, ottenute tramite strumentazione radiografica, riportano la struttura tridimensionale delle cavità vasali carotidee. Richiede l’iniezione di un mezzo di contrasto iodato.
Angio-risonanza magnetica, o angiografia. L’esame si avvale di un mezzo di contrasto paramagnetico, che è iniettato al paziente. Consente di valutare la sede e l’entità delle alterazioni del lume vasale carotideo.
Terapia
La terapia farmacologia è utile a migliorare la sintomatologia del paziente o a prevenirne il peggioramento, ma non “aggiusta” una lesione, come l’ateroma, presente sulle arterie. Essa prevede la somministrazione di:
Farmaci che fluidificano il sangue. Servono ad evitare la formazione, o il peggioramento, dei trombi presenti nelle aree interessate dagli ateromi. Il peggioramento di un trombo può degenerare, come si diceva in precedenza, in un embolo. Per fluidificare il sangue si possono somministrare al paziente:
- Gli antiaggreganti piastrinici. Diminuiscono l’aggregazione piastrinica e la formazione di grumi. Uno dei più usati è l’aspirina.
- Gli anticoagulanti. Agiscono sui fattori della coagulazione. Vanno usati con cautela, prima dell’intervento chirurgico o se il paziente è affetto da altre patologie che richiedono il trattamento anticoagulante. Uno dei più usati è il coumadin.
Farmaci che limitano l’evoluzione della placca ateromasica
- Gli ipolipidemizzanti. Diminuiscono il tasso di colesterolo e trigliceridi nel sangue, cioè i lipidi che agiscono nella formazione della placca.
- Gli antidiabetici. Sono indicati per i diabetici. Il diabete è un condizione che predispone alla stenosi carotidea.
- Gli antiipertensivi. Servono a normalizzare la pressione arteriosa. Il flusso sanguigno vorticoso, generato dall’ipertensione, favorisce la lesione della tonaca intima dei vasi e la conseguente formazione di placche ateromasiche.
L’intervento chirurgico, invece, è l’unico approccio terapeutico utile a ristabilire il normale flusso sanguigno all’interno della carotide occlusa.
Sono possibili due tipi di intervento:
- Endoarteriectomia. Con questo intervento si elimina la placca ateromasica e gli eventuali grumi e residui, legati rispettivamente a trombi ed emboli.Questa tecnica prevede la rimozione della tonaca intima e di parte di quella media, in cui è presente l’ateroma. Si pratica in anestesia locale, pertanto il paziente resta cosciente, tramite incisione diretta lungo la parte anteriore del collo. La procedura d’intervento prevede che il chirurgo interrompa, per prima cosa, il flusso di sangue attraverso la carotide. A quel punto, il medico può incidere la carotide, aprirla, e togliere la placca. La zona d’incisione, chiaramente, è individuata grazie alla strumentazione diagnostica. Rimossa la placca, il tessuto vasale eliminato è sostituito con del tessuto artificiale, o di origine venosa. A questo punto, si richiude la carotide.
- Angioplastica e stenting carotideo. L’intervento serve a “respingere” la placca ateromasica, ristabilendo la normale grandezza del lume vasale della carotide. Si pratica in anestesia locale. Il chirurgo vascolare opera usando duecateteri: uno è fornito di una reticella metallica (stent) e un altro di un palloncino. Introducendoli nel circolo arterioso e raggiungendo la zona interessata dall’ateroma, il medico fa sì che, mediante il palloncino, si ristabilisca il normale diametro della carotide occlusa, e, mediante la reticella metallica, si mantenga l’allargamento. Il palloncino viene gonfiato solo una volta che il catetere è stato condotto nell’area interessata dalla placca. Successivamente verrà rimosso.

L’intervento chirurgico è necessario quando l’occlusione della carotide riguarda più del 70% del lume vasale. Lo stesso dicasi nei casi in cui, nonostante il restringimento sia inferiore in termini di percentuale, la sintomatologia preveda la possibilità di situazioni critiche, quali TIA, RIND o ictus. In assenza di queste condizioni sintomatiche gravi e a percentuali di stenosi inferiori al 70%, l’intervento non è prioritario. Il motivo è dovuto all’estrema delicatezza delle operazioni chirurgiche che interessano la carotide. Quando il paziente presenta uno stadio avanzato di stenosi carotidea, i rischi legati all’intervento non superano quelli che potrebbero creare un ictus. Pertanto, si procede ad eliminare la placca.